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Semi di Parola
XVIII Domenica del Tempo Ordinario – Anno C - La vita non dipende da ciò che si possiede (Lc 12,13-21)
C’è un sogno che ha sempre attraversato l’umanità e che è stato relegato per millenni nel mito (quello più antico mai scritto è l’epopea di Gilgamesh, quasi quattromila anni fa): la ricerca dell’immortalità. Generalmente essa era riservata a chi in cima alla scala sociale, come i faraoni che si illudevano di poterla ottenere dopo la morte. Solo chi era al vertice, infatti, poteva permettersi l’impegno di tante risorse per la costruzione di monumenti funebri con le istruzioni scritte per diventare un dio. Oggi, in tempi in cui gli dèi non abitano più i cieli, che sono invece diventati inconcepibili per la loro grandezza, non è venuto meno il sogno di essere immortali, sempre grazie al denaro: si spendono ingenti risorse, infatti, per cercare il modo di vincere la morte, sottraendole così all’uso per sollevare la condizione penosa di molta parte dell’umanità (molte altre risorse si destinano invece a produrre strumenti per uccidere popolazioni inermi). La parabola raccontata da Gesù, uno che ha lasciato le sue poche sicurezze per andare in giro a predicare speranza e a curare i poveri martoriati, assume un significato assoluto: l’uomo della parabola è oggi rappresentato da chi spende milioni per un matrimonio che forse non durerà neppure un lustro e altrettanti per uno sfizioso viaggio spaziale di dieci minuti e da tanti altri che usano le risorse, che potrebbero risollevare le sorti dell’intera umanità, per i propri interessi e capricci. La semplice verità è che chi smania per arrivare a campare il più possibile facendo il maggior male possibile è ancora soggetto alla morte che può arrivare da un momento all’altro. Un tempo molti esseri umani avevano compreso che il bene che facevano avrebbe permesso almeno di tramandare un ricordo di onore e gratitudine alle generazioni successive, unica forma di immortalità certa (visto che la vita eterna è oggetto di fede ma non può essere provata). Oggi, al di là del quarto d’ora di celebrità inseguito anche dai poveri illusi, cosa penseranno di noi le generazioni che verranno in seguito se non lo stesso male che oggi pensiamo di chi era acclamato da folle oceaniche, come i dittatori del XX secolo (sia di destra che di sinistra)? Gesù, dal suo particolare punto di vista, collocato tra gli ultimi del suo tempo, smaschera ancora oggi le illusioni di questi scrocconi privilegiati dell’umanità e mette in guardia ognuno di noi sull’illusorietà di una vita non spesa per combattere le miserie umane.
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