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Semi di Parola
Pentecoste – Anno C - Il Padre vi darà un altro Paraclito (Gv 14,15-16.23-26).
Il rapporto tra Dio e noi è caratterizzato da ciò che dice la parola “paraclito”: in questo termine, che deriva dal greco, ci sono diversi significati: consolatore, avvocato difensore, esortatore. Dio con noi è tutte queste cose insieme, tranne che accusatore (questo invece è proprio del termine “satana” che deriva dall’ebraico). Il cuore della rivelazione cristiana consiste nello sguardo amorevole di Dio Trinità che, venendo ad abitare in noi e portandoci con sé nel grembo della sua vita divina, ci spinge ad essere migliori di quello che spesso siamo, ci fa sentire amati e per questo capaci di amare a nostra volta non solo Dio, ma ogni nostro simile perché parte dello stesso grembo accogliente di Dio. La prova della mancanza di fede nel mondo non sta nelle chiese vuote o nella non conoscenza dei contenuti della dottrina, ma nel male e nella violenza che vengono alimentati quando non si segue la spinta di quella voce interiore che viene chiamata coscienza ma che consiste semplicemente nella legge scritta nei cuori che è lo Spirito, Amore personificato di Dio che non ha bisogno di regole o divieti ma che tutto vive partendo dall’amore gratuito. L’impegno per un mondo migliore consiste nel permettere a questa voce interiore che dice di amare e far vivere di essere udita anzitutto da ognuno e poi di essere conosciuta da tutti attraverso il servizio e la cura reciproca. È difficile, certo, in un periodo storico in cui prevalgono la violenza gratuita e i progetti di sterminio fatti anche in nome di Dio (ma che dio è mai quello che permette di far morire di fame bambini innocenti o di farli dilaniare da bombe e da armi che portano nomi biblici?); tuttavia anche quando Gesù istruiva i discepoli e prometteva loro il dono dello Spirito c’era chi tramava contro la sua vita e le vite di tanti innocenti nell’ombra del proprio egoismo omicida, ma Gesù ha insegnato un altro Dio, il vero Dio che non chiede di uccidere chi non crede in lui e che dal suo discepolo amato sarà definito con una sola frase: Dio è amore. Mi piace ricordare quindi l’ultimo verso de “Il testamento di Tito” di De André in cui quel delinquente, convertito in fin di vita dallo sguardo e dalle parole di Gesù, dice a sua madre che lo piange sotto la croce: “Io nel vedere quest’uomo che muore, madre ho imparato l’amore”.
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