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Semi di Parola
IV Domenica di Quaresima – Anno C - Lo vide quando era ancora lontano (Lc 15,1-2.11-32)
Il contesto in cui Gesù racconta questa parabola rappresenta molto bene le dinamiche delle relazioni umane dove ci sono continue polarizzazioni tra gruppi e persone che la vedono in modo del tutto opposto, fino ad arrivare al nostro tempo in cui ogni giorno nascono narrazioni alternative della realtà. Tra i due gruppi del vangelo ce n’è uno che rimane fossilizzato nelle sue convinzioni, cioè quello dei farisei e degli scribi. Ci sono invece pubblicani e i peccatori, che hanno cambiato il loro modo di vedere le cose proprio grazie a Gesù, che ha dato loro l’opportunità di iniziare una nuova vita, senza rimproverare o obbligare, ma facendo fare l’esperienza di un Dio che, nonostante tutti i nostri sbagli e difetti, vuole che noi cambiamo per vivere in pienezza. I farisei, invece, sono così pieni di sé che non riescono a capire che non stanno affatto usufruendo del privilegio di vivere al cospetto di Dio, ripiegati come sono sull’ombelico del proprio narcisismo. La parabola è di per sé molto semplice e comprensibile, anche se, purtroppo, a causa di un approccio moralistico dell’interpretazione tradizionale, ha perso per molti il suo mordente, facendo cadere nello stesso errore di prospettiva di quei farisei che ascoltavano e giudicavano Gesù. Non a caso è passata alla storia come la parabola del figlio prodigo (spendaccione), come se fosse lui il vero protagonista, che è invece quel padre che non giudica mai e non rimprovera, ma sa aspettare il ritorno del figlio scappato di casa e sa andare incontro a quello che apparentemente è rimasto con lui, ma che lo vede come padrone da sopportare piuttosto che come un padre da cui sentirsi amato. I veri protagonisti del racconto sono lo sguardo e i gesti del padre che prende l’iniziativa di volta in volta verso i due figli. Il figlio ritornato dopo tante scelte fallimentari, infatti, non sta tornando da un padre da amare e da cui sentirsi amato, bensì da un bancomat da sfruttare per l’ennesima volta (trattami come uno dei tuoi salariati, dammi, cioè, uno stipendio). Averne fatto il modello della conversione a Dio è alquanto fuorviante, perché ancora una volta ciò fa dell’uomo il protagonista dell’azione e non invece il beneficiario dell’azione gratuita di Dio che, come dice Paolo, dimostra il suo amore verso di noi perché, quando eravamo ancora peccatori ha dato suo Figlio per noi (il vitello grasso). Nella parabola non si sa se i due figli hanno cambiato il loro modo di vedere il padre (come invece i peccatori che hanno ascoltato Gesù carichi di speranza e gratitudine) oppure sono rimasti nella loro convinzione egoistica; tuttavia, la loro vicenda diventa per noi un’occasione per riflettere se scegliere di cambiare in meglio nei confronti di Dio e dei fratelli oppure restare bloccati nella nostra durezza.
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