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15 Giugno - Oria

Festa di Fine Anno all’infanzia e al nido

Martedì 15 giugno e giovedì 17 si è svolta la festa di fine anno rispettivamente dell’Asilo Nido “Madre Nazarena Majone e della scuola dell’Infanzia Paritaria “Annibale Maria di Francia”. La nostra scuola, nel territorio Orietano, gode di notevole considerazione anche per le rappresentazioni teatrali che svolgiamo a conclusione di ogni anno scolastico. Quest’anno, però, dovendo ottemperare alle norme anti-contagio, abbiamo dovuto pensare a qualcosa di diverso. E’ così, che nella pineta della nostra struttura, abbiamo invitato, in giorni differenti, i genitori degli alunni dell’asilo nido e i genitori degli alunni dell’ultimo anno di scuola dell’infanzia. I bambini hanno sfilato sulle note dell’inno nazionale, e dopo aver recitato pensieri di fine anno scolastico, abbiamo svolto la cerimonia di consegna di una medaglia e del diploma come simbolo della conclusione del primo percorso scolastico . I bambini hanno indossato una toga e un cappellino, preparato dal collegio docenti. Le famiglie, hanno mostrato entusiasmo e partecipazione, e dopo aver assistito alle performance dei nostri piccoli, hanno vissuto un momento di convivialità, durante il quale le famiglie hanno potuto interagire tra di loro e anche con il corpo docente presente. Ad allietare ancora di più le nostre serate, ci hanno pensato le mascotte di Minnie e Topolino. I bambini, tra stupore e curiosità, hanno vissuto momenti di gioia e tutti noi abbiamo viaggiato un po’ con la fantasia. Siamo orgogliose di accompagnare i “nostri” bambini nel loro percorso di crescita, perché siamo convinti che per essere una buona scuola non c’è bisogno di impartire solo nozioni didattiche, ma c’è bisogno soprattutto di formare il loro cuore. Un ringraziamento è stato rivolto da parte di Sr. Dolores a nome della Superiora per aver scelto la nostra scuola, un ringraziamento ai genitori abbiamo rivolto, alle famiglie per aver creduto nella nostra professionalità, per aver affidato i loro figli alle nostre cure e per essere stati , presenti alle iniziative proposte dalla nostra scuola. La coordinatrice didattico-educativa Dott.ssa Daniela Franco

Semi di Parola

II Domenica di Pasqua Pace a voi (Gv 20,19-31)
È interessante notare come le prime parole che Gesù risorto rivolge ai discepoli riguardino la pace. Formalmente sembrerebbe il consueto saluto ebraico (Shalom alechèm) ma in realtà dicono molto di più: i discepoli hanno abbandonato il Signore nel momento buio della Passione e c’è chi l’ha rinnegato, come Pietro. Ma Gesù anziché agire di conseguenza lasciandoli al loro rimorso, li invita a trovare la pace; anzi, dice loro di diventare artefici di pace e di perdono, ancora una volta prendendo da lui l’esempio, come aveva già detto dopo la lavanda dei piedi. I discepoli devono amministrare il perdono non in modo arbitrario, come spesso si interpretano le parole del Risorto, ma come stile, dicendo così ciò che deve essere la chiesa: ministra di perdono perché il mondo, spesso spinto da istinti vendicativi e violenti, possa vedere che c’è un mondo diverso di affrontare i dissidi: non moltiplicando e amplificando le reazioni vendicative (pensiamo solo alle risorse sottratte alla cura e al sostentamento degli esseri umani per riarmarsi oltre ogni logica e realismo, visto che le uniche armi eventualmente deterrenti contro gli attacchi temuti sono quelle nucleari), ma aprendosi al dialogo e alla riconciliazione, insegnando, come Gesù, a fare il primo passo verso chi ha tradito la fiducia. Lo scetticismo di Tommaso nei confronti della risurrezione lo potremmo leggere come il cinismo disincantato di chi ritiene che nel mondo vince il più forte e il debole è destinato a restare piegato a terra. Nella sua risposata a Gesù (Mio Signore e mio Dio) possiamo leggere un cambio radicale di prospettiva: quelle parole che l’imperatore del tempo in cui fu scritto il vangelo (Domiziano) pretendeva per sé some riconoscimento del potere arbitrario e delirante sul mondo (ogni riferimento al nostro tempo non è casuale) sono ora rivolte a Gesù, sentito da Tommaso come il vero vincitore: se si lascia fare a chi usa la forza si è destinati alla distruzione; se si ha il coraggio di costruire la pace, invece, non si salva solo sé stessi o il proprio gruppo o nazione, ma il mondo intero. Ed oggi questo è drammaticamente vero. L’utopia di Papa Francesco nel voler perseguire la pace a tutti costi è stata in continuità con quelle prime parole pronunciate dal Risorto e affidate come unica vera eredità alla chiesa di ogni tempo. Le parole finali del vangelo (credere per avere vita) ci dicono che solo se ricordiamo e viviamo lo stile di Gesù ha senso continuare a esistere come chiesa per dare speranza all’umanità.

La Preghiera della Memoria

Attraverso i volti e la storia.

Belvedere del Rogate

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